la fata ignorante

René Magritte - La fée ignorante”,1956
Magritte aveva una particolarissima idea del rapporto che intercorre tra immagine e parola scritta, ovvero su ciò che lega la forma al contenuto, il titolo alla rappresentazione, l’idea all’oggetto. E’ nota l’importanza che egli attribuiva al titolo che si sarebbe indissolubilmente legato all’opera contribuendo a crearne, più ancora che tecnica e contenuto, il fascino e l’impatto emotivo: “Credo che il miglior titolo per un dipinto sia un titolo poetico: e cioè, un titolo compatibile con l’emozione più o meno viva che proviamo guardando un quadro. Ritengo che occorra ispirazione per trovare questo titolo… Il titolo poetico non deve insegnarci nulla, ma ci deve sorprendere e incantare”.

Nel caso de “La fée ignorante”, il titolo ha probabilmente un riferimento preciso all'arte del dipingere, così come da lui intesa, che è come una fata ignorante: in grado di rendere una magia di cui le sfugge il senso. “Il senso è l' impossibile”, amava ripetere Magritte.
E’ neutro quel volto di donna, incorniciato in una disposizione teatrale degli oggetti con il drappo, il cielo, la sfera (che compongono il suo universo immaginario) e con una candela accesa ma dalla fiamma nera, che oscura invece di illuminare. Mette in ombra una metà del viso, quasi a farci capire che in quella luminosa bellezza c'è un qualcosa di oscuro che lei stessa non è in grado di vedere, né tanto meno noi.

“La fée ignorante” esprime innanzitutto “l'amore dell'ignoto”, il bisogno di scoprire quanto non si lascia possedere e che sempre rinvia all' “amore della banalità”.

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La incontriamo senza riconoscerla come tale, la fata ignorante, ed è capace di compiere il “miracolo” di travolgerci, di cambiarci la vita permettendoci così di crescere.
Sono quegli incontri personali che lasciano un segno più o meno profondo e indelebile. Tanto che da quel momento in poi non siamo più gli stessi, non possiamo più esserlo. Ci hanno cambiato, hanno cambiato il nostro percorso, il nostro essere, il nostro “sentire”.
Tutti possiamo essere, inconsapevolmente, delle fate ignoranti. Anche io lo sono stata e non lo ignoro perchè mi è stato detto. Forse anche ora lo sono, oppure lo sarò, questo, però, non posso saperlo.
Ho avuto anche la fortuna di incontrarne e il loro passaggio è rimasto “nel midollo infisso” (n.d.r.).

Non mi aspetto altro, lascerò alla prossima fata la magia di sorprendermi.

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Non so niente.
Non sarò mai niente.
Non posso volere di essere niente.
A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo.

Fernando Pessoa - da “Tabaccheria”

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Il granchio perfetto
“Among Chuang-tzu's many skills, he was an expert draftsman.
The king asked him to draw a crab. Chuang-tzu replied that he needed five years, a country house, and twelve servants.
Five years later the drawing was still not begun.
"I need another five years," said Chuang-tzu.
The king granted them.
At the end of these ten years, Chuang-tzu took up his brush and, in an instant, with a single stroke, he drew a crab, the most perfect crab ever seen”.

Italo Calvino - Quickness da “Six Memos for the Next Millennium” (Lezioni americane)

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