andata e ritorno

quando ieri la chirurga ha tirato fuori l'argomento bypass gastrico, mi sono messa subito sulla difensiva: vengo per un problema e tu, anche se le due cose sono correlate, mi parli d'altro. Lo sapevo già prima di andarci che sarebbe venuta fuori la storia del peso, del mio bmi, di dovermi mettere a dieta bla bla bla (pure dimagrendo, gli alianti non è che scompaiono, ma tant'è).
Devo darle atto però che non è stata insensibile, come molti dottori purtroppo lo sono. Ha semplicemente affrontato il problema con un altro approccio, del tutto inatteso: la chirurgia, perchè sa che in casi come il mio, le diete non funzionano più. Il che, a dir poco, mi ha spiazzata.
Pian piano però le sue parole si sono fatte strada nella mia testa facendo anche tornare a galla il passato che in realtà è anche il mio presente. Ma devo tornare lì per per capire come mi sento ora e perchè.

La mia storia da grossa, è la storia comune a molti obesi: una lotta continua contro la fame, i chili e il tempo.
Il mio calvario di diete è iniziato nel 1995, avevo 27 anni e pesavo intorno ai 130 kg.
Durante una visita di routine, il dottore auscultandomi il cuore, mi disse di sentire un soffio. Io fino a quel momento non solo non sapevo di averlo, ma non sapevo neanche cosa fosse. Il fatto che si trattasse di cuore, mi  spaventò molto. Lui mi disse di non preoccuparmi e di fare un controllo cardiologico per sicurezza. Così feci e difatti il cardiologo mi confermò che avevo un soffio al cuore di 2/6 d'intensità, mi disse anche che si trattava di una cosa congenita e che non mi avrebbe dato nessun problema. Per contro mi consigliò vivamente di perdere peso, perchè era un peccato che una ragazza così "giovane e bella" (quoto), pesasse così tanto e, non da meno, perchè in futuro avrei potuto sviluppare patologie cardiache e non, ben più serie e pericolose. Le sue parole, più lo spavento per il cuore, mi determinarono al punto tale da fissare un'appuntamento con un'endocrinologa molto in gamba dell'allora USL, la dottoressa Fernanda Pisanò, ancora me la ricordo. Durante la prima visita, venni davvero messa a nudo su tutti i fronti, misurata in lungo e largo con bilancia e metro, punzonata con una pinza (il plicometro), per misurare il grasso sottocutaneo. Mi ricordo ancora la mortificazione provata, ma ricordo anche la mia fortissima determinazione.
L'endocrinologa mi prescrisse una dieta da 1000 calorie e attività fisica intensa almeno tre volte alla settimana. Così feci. Ci vedevamo per controllo quasi ogni mese. Fu durissima, ma un anno dopo pesavo 95 kg (-35!!!!), il mio minimo storico. Mi sentivo e stavo benissimo. Ero bellissima.
Purtroppo, come tanti di noi, non sono riuscita a mantenere quel peso e nel giro di tre anni (1998), pesavo già 110 kg (+15).
Fu allora che mi recai dal Prof. Eugenio Del Toma a Roma che mi parlò per la prima volta di chirurgia bariatrica, nella fattispecie, del bendaggio gastrico, come possibile coadiuvante nella perdita del peso. Feci tutto il percorso pre-operatorio, dieta ipocalorica, dosaggi ormonali e check-up completo del sangue, ecografie allo stomaco, al fegato, gastroscopia e visita cardiologica. Quando ritornai a Roma in clinica per portare i risultati e fare il colloquio con la psicologa, in sala d'attesa c'erano anche una serie di pazienti operati da poco e un paio da circa un anno. Be' i loro racconti, nella maggioranza dei casi, non erano dei più incoraggianti: chi vomitava tutto il tempo, chi aveva lo stimolo di vomitare in continuazione anche solo bevendo, chi si sentiva soffocare, chi rigurgitava spesso.
Quando rientrai a casa, non facevo che pensarci, ma i dubbi ormai erano davvero tanti e alla fine mi tirai indietro. Con il senno di poi, posso dire che sarebbe stato meglio da parte del team di Del Toma, includere in tutto il percorso pre-operatorio anche un gruppo d'ascolto con pazienti già operati. Avrebbe di certo dato un quadro più completo ai potenziali candidati.
Tornando a me, sapendo tutto su calorie, combinazione di cibi e quant'altro, sono riuscita a rimanere stabile intorno ai 115 kg per parecchio tempo.
Fra la fine del 2001 e l'inizio del 2002, durante una visita oculistica, l'oculista mi chiese se avessi problemi con l'ipofisi, io sbalordita dalla sua domanda le risposi che da tempo mi era stata diagnosticata iperprolattinemia, che però era da tempo rientrata. Lei mi disse che aveva visto nel fondo oculare qualcosa che le indicava la possibile presenza di un adenoma ipofisario, un tumore benigno ma fastidioso per via della posizione dell'ipofisi. Io alla parola tumore, raggelai. La dottoressa mi tranquillizzò e mi prescrisse il controllo del campo visivo e una risonanza magnetica per accertarmi. Il campo visivo era ottimo, ma la risonanza non diede un risultato chiaro, tanto che sul referto il radiologo scrisse "ghiandola ipofisiaria in atteggiamento adenomatoso". Ecchevvordì??!
Così nel febbraio del 2002, mi recai a Pisa presso Dipartimento di Endocrinologia 1 e Metabolismo dell'Università, allora diretto dal Prof. Aldo Pinchera, con la speranza di venire lì a capo di tutti i miei problemi.
In clinica, feci prima un prelievo di sangue per effettuare una serie di controlli ormonali, e successivamente incontrai il dottor Enrico Pucci che mi visitò. Analizzò la risonanza e la confrontò con l'esito dei diversi dosaggi ormonali, concluse che il referto del radiologo non aveva senso (lo avevo pensato anche io) perchè o l'adenoma c'è o non c'è, non si può parlare di "atteggiamento". Nel mio caso, considerando anche la dimensione normale dell'ipofisi e il suo funzionamento nella norma, non si poteva parlare di adenoma. Fiuuuuuuuu.
L'incontro con il dott. Pucci lo posso definire miliare. Ovviamente si intrattenne anche sulla mia obesità, ma con un approccio totalmente diverso da come ero abituata. Il suo modo di parlarmi e di interagire con me, era umano. Mi vedeva anche come persona e non solo come paziente avvolta nella ciccia.
Mi disse che io appartengo al tipo morfologico costituzionale del brachitipo e che in tempi preistorici io, proprio per questa costituzione, sopravvivevo più a lungo di tutti. Ai giorni d'oggi, la situazione ambientale e lo stile di vita in generale, sono totalmente diversi. L'abbondanza di cibo, le comodità, la sedentarietà, per il mio tipo costituzionale sono forieri di sovrappeso o, peggio, di obesità. Geneticamente per me ingrassare è più facile che dimagrire e tutto ciò che mi circonda non mi aiuta di certo. Questo comporta che per tutta la mia vita devo stare attenta a cosa e come mangio e soprattutto, aumentare le uscite per compensare il metabolismo lento. Poi mi disse e quoto: "non mi interessa quanto perdi di peso, fosse anche un grammo al mese, basta che lo perdi per tutta la vita. E comunque per la tua figura, se arrivassi a 90 kg, io come dottore sarei soddisfatto". Era il febbraio del 2002 e pesavo 115 kg.
Un mese dopo incontrai Ronald, qui in Olanda. Pesavo 110 kg. Nel settembre dello stesso anno mi trasferì definitivamente nelle Basse Lande.
La mia vita cambiò totalmente, il mio peso pure, ma in peggio. Fra alti e bassi, una serie di diete, la gravidanza del 2005, la visita ad un altro specialista in Italia, il dott. Grassi, sono arrivata a 127 kg dell'anno scorso. Oggi, seguita da una dietista di qui, peso 124 kg.

Io non sono una mangiona compulsiva e il mio stato generale di salute finora, obesità a parte, è relativamente buono. Non soffro, nè ho mai sofferto, di diabete mellito, ipertensione arteriosa o ipercolesterolemia. In un futuro prossimo, però, potrei.
Da sempre ho un'alimentazione ricca ed varia: verdure di tutti i tipi, legumi, pochissima pasta, pane (che mi piace molto), carne pesce e soprattutto no junk food. Sul fronte dolci, l'unica cosa per la quale vado pazza, e quasi esclusivamente d'inverno, è la cioccolata.
Mi piace mangiare, adoro il buon cibo, la convivialità e la sensazione di conforto  e calore che mi dà, salvo i sensi di colpa che inevitabilmente mi prendono dopo aver mangiato.
Il più grande problema, causato da un'iperinsulinemia, è il senso di fame che fà capolino a intervalli regolari e brevi di tempo. Il mio metabolismo non è lento, di più. Accumulo tutto e per poter perdere peso in maniera consistente devo stare su un regime di 1000 calorie al giorno (=>che, per i non addetti, significa fare la fame),  coadiuvato da attività fisica intensiva (=>che con il mio peso, non è una passeggiata).
Il fatto è che non ne posso più di diete e palestre, mi stressano, mi rendono infelice e non ho l'energia necessaria.
Vorrei perdere almeno 20 kg e arrivare a 100 kg, perchè so che mi sentirei meglio da tutti i punti di vista.
Da lì, il peso traguardo per me è 90 kg, chè, come mi disse il dott. Pucci, per la mia corporatura, sarebbe un ottimo risultato. Io sarei felicissima se così fosse.
Ci provo e riprovo, ma perdo poco. Semplicemente non ce la faccio. Per chi ha la risposta facile, non è solo una questione di volontà. Manca il feed back del mio organismo, il che scoraggia e deprime.
Per tutto questo, sto pensando seriamente a quello che mi ha detto la dottoressa ieri. Alla possibilità che un intervento bariatrico possa aiutarmi in questa lotta ìmpari con la mia testa e il mio corpo.
Ho bisogno di saperne di più.

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